Slow Fish: appuntamento con la pesca sostenibile

Nel mare c'è tanto pesce: ma il pesce non è una risorsa infinita. E' questo il messaggio trasmesso da "Slow Fish", il primo Salone del pesce sostenibile svoltosi a Genova dal 4 al 7 giugno nell'ambito di "Sapore di Mare", rassegna realizzata con il contributo del Ministero per le politiche agricole e forestali (Mipaf) e della Regione Liguria. L'iniziativa è nata con l'intenzione di focalizzare l'attenzione delle istituzioni, degli operatori del settore ittico e del pubblico dei consumatori sui principali problemi del mare e dei tanti esseri viventi che lo abitano: il rischio d'estinzione per tante specie; gli sprechi legati al mancato consumo del pescato meno commerciale; la necessità di favorire pratiche di pesca sostenibili a fronte di metodi che sterminano interi banchi di pesce intercettati grazie alle più sofisticate tecnologie; la difesa della piccola pesca, che mantiene vive le microeconomie e gli ecosistemi costieri; le pratiche di allevamento marino attente alla salute dei consumatori e alla bontà del prodotto. Oggi la pesca avviene con metodi industriali. L'antica sfida dell'uomo con il mare vede la comparsa di vere e proprie "armi di sterminio di massa" per i pesci: sonar e radar, lenze lunghe chilometri, reti fittissime.

Come se non bastasse l'inquinamento a danneggiare l'ecosistema marino, oggi si pesca tanto e spesso si pesca troppo, visto che molto del pesce non viene nemmeno assorbito dal mercato. Così i mari si svuotano e intere specie spariscono, come è accaduto al merluzzo dell'Atlantico, cancellato da 20 anni di sfruttamento dissennato delle riserve ittiche delle coste nord-americane. Enormi sono anche i danni della pesca "selettiva", rivolta cioè solo alle specie più richieste dal mercato. Un danno doppio, perché se da un lato diventa troppo intenso lo sfruttamento di determinate specie, dall'altro si spreca tantissimo pescato ributtandolo a mare, solo perché si tratta di pesci meno facili da cucinare o con un nome poco suggestivo. Ecco perché durante Slow Fish si è parlato molto di pesca eco-sostenibile e di differenziazione culinaria, per cercare di incentivare il consumo di specie poco richieste. I visitatori hanno imparato a cucinare e hanno assaggiato pesci considerati "poco pregiati" attraverso varie iniziative, come i laboratori del gusto. Un contributo importante alla difesa del patrimonio ittico può venire anche dai presidi del mare e dall'acquacoltura. I primi sono iniziative nate per difendere e promuovere economie di pesca tradizionali, meno intensive e più rispettose dell'equilibrio ecosistemico marino. Nel progetto presidi del pesce rientra anche il coinvolgimento dei pescatori nella riscoperta dei piatti tradizionali, con appuntamenti culturali e di degustazione. L'acquacoltura, invece, è una pratica di produzione artificiale del pescato, allevato e ospitato in ambienti protetti e controllati. Una pratica che consente di ottenere pesce in cattività senza sfruttare quello del mare aperto. Il problema, tuttavia, è che il pescato di acquacoltura viene considerato meno gustoso ed è meno richiesto dal mercato. Occorre quindi lavorare sulla ridefinizione delle percezioni del prodotto da parte del consumatore. Una seconda difficoltà è legata alla qualità del prodotto, che deve essere sicuro rispetto all'inquinamento e all'uso di antibiotici e altre sostanze che favoriscono crescita e riproduzione del pescato. In questo senso, sarà fondamentale il coinvolgimento e la sensibilizzazione non solo delle istituzioni competenti, ma anche e soprattutto degli operatori del settore.