6-01-2004 18:02

SVOLTE NELLA POLITICA ENERGETICA DEL GOVERNO

Nei prossimi due anni, l'Italia investirà 454 milioni di Euro nel settore delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. L'impegno viene direttamente dal Governo per conto del Sottosegretario all'Ambiente, Antonio Martusciello, e segna un vero e proprio balzo in avanti nelle politiche energetiche e di sviluppo sostenibile del nostro Paese. Le risorse serviranno a finanziare programmi per la diffusione dell'energia solare (105,8 milioni di euro) e di quella proveniente dalle biomasse (116 milioni di euro). Tuttavia, la parte più cospicua dei finanziamenti (232 milioni di Euro) sarà impiegata per la realizzazione di innovative centrali solari-termoelettriche. L'annuncio è arrivato durante l'ultima edizione di "Next Energy", la manifestazione dedicata ai temi legati dell'uso intelligente delle risorse energetiche, che si è svolta alla Fiera di Milano dal 2 al 6 marzo scorsi. Gli stanziamenti andranno ad integrarsi in un più vasto progetto per lo sviluppo delle fonti di energia alternative e il risparmio energetico. Innanzitutto, c'è la recente modifica dei "decreti interministeriali Industria e Ambiente" che obbligano i distributori di energia elettrica e gas con più di 100mila utenti a realizzare interventi di efficienza energetica negli usi finali sia nel settore pubblico che privato; si aggiungono vari decreti ministeriali sull'efficienza energetica grazie ai quali si potranno attivare investimenti per 1 miliardo di euro a sostegno della diffusione di tecnologie ed applicazioni ad elevata efficienza; infine, è prevista la discussione, in tempi brevi, di un disegno di legge su "riforme e riordino del settore energetico", in cui vengono stabilite norme quali l'incremento dell'obbligo di produzione elettrica con fonti rinnovabili dello 0,35% all'anno a partire dal 2005, per il pieno recepimento dei vincoli fissati nel protocollo di Kyoto. Queste azioni sono indirizzate a due obiettivi strettamente integrati. Il primo, è quello di sviluppare fonti di energia meno inquinanti rispetto a quelle tradizionali basate sugli idrocarburi (petrolio, carbone), che hanno effetti devastanti sull'ambiente e sulla salute umana. Il secondo, è quello di diminuire la dipendenza del nostro Paese da materie prime energetiche (gli idrocarburi, appunti) sempre meno disponibili e sempre più costose. La ricetta scelta dal Governo, prevede un doppio binario d'azione. Da una parte il risparmio energetico, con la riduzione e, laddove possibile, l'eliminazione degli sprechi energetici sia a livello domestico che industriale. Si avranno, quindi, provvedimenti legislativi, campagne informative e azioni amministrative (sanzioni, incentivi) per educare a un più razionale e corretto utilizzo dell'energia. Parallelamente, si punterà a sviluppare nuove fonti energetiche, cercando di coniugare efficienza, convenienza economica e rispetto dell'ambiente. Si prevede così che, nel nostro Paese, il contributo dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili al consumo lordo di elettricità debba arrivare al 25% entro il 2010. Come ha fatto notare lo stesso Sottosegretario Martusciello, questa svolta nella politica energetica del Paese serve anche ad individuare nuove strade per lo sviluppo e la crescita economica. Basti pensare agli enormi risparmi di spesa che l'Italia potrà ottenere dalla riduzione delle importazioni di idrocarburi e altre materie prime necessarie alla produzione energetica, che libereranno risorse da investire in altri comparti. Grosse opportunità verranno poi dal business legato alla produzione di servizi, materiali e infrastrutture: pannelli solari, centrali, reti di distribuzione, ecc.. Si prevede la nascita di un intero nuovo comparto produttivo, che poterà anche numerosi posti di lavoro. Incoraggianti sono i dati relativi alla Germania, dove solo l'entrata in vigore della recente normativa che prevede l'immissione in rete di energia prodotta da fonti rinnovabili ha creato 50mila nuovi posti di lavoro. In ambito europeo, gli esperti del settore prevedono, entro il 2010, la possibilità di più di 1 milione e mezzo di nuovi posti di lavoro nel campo delle energie alternative: 100mila legati alla realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici, 250mila dal mercato dei collettori solari, da 190.000 a 320.000 per la realizzazione di impianti eolici e circa 1milione dallo sfruttamento del potenziale delle biomasse.

Le chiamano alternative, perché sono fonti energetiche complementari, e non sostitutive a quelle tradizionali. Per produrre energia sfruttano la cosiddetta "forza della natura": quella del sole, del vento, delle correnti e delle maree. Ma nella categoria delle fonti alternative rientrano di diritto anche i rifiuti urbani, quelli industriali, il legno, persino il granturco. Sono complementari perché l'utilizzo esclusivo di queste fonti non coprirebbe il fabbisogno energetico neppure di un paese dalle medie dimensioni come l'Italia.

Ciò avviene per almeno tre principali motivi: da un lato il progressivo, generale aumento della domanda energetica, che si prevede si verificherà da qui ai prossimi 20 anni (aumento stimato pari al 15% del consumo medio annuo nel 2010 e al 20% nel 2020). In secondo luogo, perché le fonti alternative - essendo ad emissioni di carbonio nulle - svolgono un ruolo decisivo nell'impegno preso da molti paesi sviluppati nel ridurre l'aumento delle emissioni di CO2. Infine, l'importanza di queste fonti risiede nella loro stessa natura. Oltre che alternative, infatti, sono anche rinnovabili o addirittura inesauribili (il calore del sole, la forza delle acque o dei venti) ed hanno - al contrario della fonti tradizionali che, pur contribuendo per l'80 per cento alla produzione di energia, sono progressivamente soggette ad esaurimento - una capacità di rigenerazione biologica o fisica di breve tempo, a meno di uno sfruttamento inflitto ad un ritmo maggiore rispetto al processo di rigenerazione,

Nel 2000, il 13,8 per cento dell'energia prodotta al mondo derivava da fonti rinnovabili. Entrando nello specifico, questa percentuale risultava così ripartita: l'11 per cento dell'energia era prodotta da biomassa e rifiuti, il 2,3 per cento da energia idroelettrica, una percentuale pari allo 0,5 per cento dalle altre fonti energetiche alternative: quella eolica, la geotermica, l'energia prodotta da maree, l'energia solare. Ma una previsione realizzata dall'Agenzia internazionale per l'energia (IEA) da qui al 2030 ritiene che l'utilizzo di fonti rinnovabili andrà diminuendo, in percentuale relativa, rispetto all'utilizzo di fonti non rinnovabili. Vale a dire che se tra dieci-venti-trent'anni aumenterà la domanda energetica, l'utilizzazione di fonti alternative diminuirà in proporzione rispetto a quella delle tradizionali, passando dal 13,8 per cento del 2000, al 13,3 del 2010, al 12,9 del 2020 e al 12,5 del 2030. La previsione IEA inverte la sua tendenza generale, invece, quando guarda ai paesi dell'OCSE, dove è prevista una crescita delle fonti energetiche alternative ad un tasso annuo il più elevato in assoluto.

Negli Stati Uniti, nel 2000, l'8% della produzione elettrica veniva da fonti rinnovabili. Il totale della produzione elettrica era pari 4000 TWh e la percentuale di incidenza delle rinnovabili sulla domanda totale di energia primaria era pari al 4,8%. Tutt'altra situazione quella del continente africano, in cui la percentuale di incidenza delle rinnovabili sulla domanda totale di energia era pari al il 50,9 per cento, seguito dall'Asia - escludendo la Cina, che da sola utilizza fonti rinnovabili per il 20,2% - con il suo 34%, dalla Russia e gli Stati dell'ex-Urss (3,3%). Passando all'Europa, e quindi a noi, i paesi europei che fanno parte dell'OCSE utilizzano energie alternative per un 6,2 per cento. Di questo, il 34,4 per cento è rappresentato dall'energia idroelettrica, il 10,8 da quella geotermica, solare ed eolica e il 54,8% è energia da biomassa e rifiuti. E arriviamo all'Italia. Nel 2000 appena il 5,3% della produzione energetica complessiva nel nostro paese derivava da fonti rinnovabili.

Il motivo per cui le energie "alternative" o "rinnovabili" contribuiscono finora in maniera molto limitata all'approvvigionamento energetico è che si pretende da esse quello che non possono dare o danno in modo poco efficiente. Il problema nell'uso delle energie alternative quali in particolare sole e vento è che tali fonti sono estremamente diluite, per cui gli apparati di conversione necessitano di grandi superfici e volumi, e la loro disponibilità non è determinabile con sicurezza in anticipo. Le energie alternative possono svolgere una funzione importantissima ma solo se vengono usate per quello che sono. Non ha senso alimentare con sole e vento sistemi elettrici di grandi dimensioni concepiti per un altro tipo di generazione e utilizzo di energia. La conversione e l'utilizzo in forma di elettricità sono economicamente fattibili solo dove il consumo di energia è estremamente razionale, senza sprechi e può adattarsi ai cicli naturali di disponibilità di tali fonti. Idealmente sole e vento dovrebbero però essere impiegati direttamente evitando ove possibile il passaggio per l'elettricità. Si possono ad esempio costruire edifici con forma, orientamento e materiali tali in modo da sfruttare al meglio i cicli naturali giorno-notte, estate-inverno, luce-ombra. Da questo punto di vista i nostri antenati medievali, ad esempio quelli che hanno dotato Bologna di un'estesa rete di portici, senza saperlo avevano battuto i tedeschi moderni sul piano dell'ecologia! Al contrario sarebbe assurdo cercare di alimentare con il fotovoltaico grattacieli americani con il loro condizionamento costante e forzato e grandi superfici in vetro disperdenti energia oppure ipermercati e capannoni industriali senza finestre e che quindi richiedono illuminazione artificiale anche di giorno.